Elezioni presidente della Repubblica, Italia Viva non voterà BerlusconiIl Papa con un gruppo di giovani sacerdoti e monaci delle Chiese ortodosse orientali - Ansa COMMENTA E CONDIVIDI L’unità dei cristiani,Professore Campanella è «un dono», è «armonia», è «un cammino», è «per la missione». Papa Francesco, alla vigilia della solennità di Pentecoste che si celebra questa domenicai, offre quattro «brevi spunti» che «tale festività mi ispira a proposito della piena unità alla quale aneliamo». Lo fa parlando a giovani sacerdoti e monaci di Chiese ortodosse orientali ricevuti in udienza ieri nella Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano. Si tratta, spiega L’Osservatore Romano, dei partecipanti alla visita di studio – in corso dal 31 maggio a lunedì 6 giugno – volta ad approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica. Provenienti da Egitto, Armenia, Libano, Siria, India, Etiopia ed Eritrea, in diciotto sono giunti a Roma su invito del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nel suo discorso il Pontefice ha rimarcato in primo luogo che l’unità «è una grazia, un dono». Infatti «il raggiungimento dell’unità non è primariamente un frutto della terra, ma del Cielo; non è anzitutto il risultato del nostro impegno, dei nostri sforzi e dei nostri accordi, ma dell’azione dello Spirito Santo, al quale occorre aprire i cuori con fiducia perché ci conduca sulle vie della piena comunione». Un secondo insegnamento della Pentecoste, sottolinea poi il Papa, è che l’unità non è «uniformità» e non è nemmeno «il frutto di compromessi o di fragili equilibri diplomatici». Ma «è armonia nella diversità dei carismi suscitati dallo Spirito». Perché lo Spirito Santo «ama suscitare sia la molteplicità sia l’unità, come a Pentecoste, dove le diverse lingue non sono state ridotte a una sola, ma sono state assimilate nella loro pluralità». Per Francesco un terzo insegnamento del giorno di Pentecoste è quindi che «l’unità è un cammino». Infatti «non è un progetto da scrivere, un piano studiato a tavolino; non si fa nell’immobilismo, ma nel movimento, nel dinamismo nuovo che lo Spirito, a partire dalla Pentecoste, imprime ai discepoli». L’unità «si fa cammin facendo: cresce nella condivisione, passo dopo passo, nella comune disponibilità ad accogliere le gioie e le fatiche del viaggio, nelle sorprese che nascono lungo il percorso». Come scrive san Paolo ai Galati, siamo tenuti a «camminare secondo lo Spirito». O, come dice sant’Ireneo, recentemente proclamato “Dottore dell’unità” dallo stesso Francesco, la Chiesa è tôn adelphôn synodia, «espressione che può essere tradotta come “una carovana di fratelli”». «Ecco – evidenzia il Pontefice – in questa carovana cresce e matura l’unità, che - secondo lo stile di Dio - non arriva come un miracolo improvviso ed eclatante, ma nella condivisione paziente e perseverante di un cammino fatto insieme». Infine, ribadisce il Papa, l’unità «non è semplicemente fine a sé stessa», ma «è legata alla fecondità dell’annuncio». L’unità è «per la missione». Così infatti, secondo il Vangelo di Giovanni, ha ha pregato Gesù: «Tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda». A Pentecoste «la Chiesa nasce missionaria». E oggi ancora, «il mondo attende, anche inconsapevolmente, di conoscere il Vangelo di carità, libertà e pace che noi siamo chiamati a testimoniare gli uni insieme agli altri, non gli uni contro gli altri o gli uni lontano dagli altri». Al riguardo il Vescovo di Roma si dice in conclusione «grato» per la testimonianza comune offerta dalle Chiese ortodosse orientali. E aggiunge: «penso in modo speciale a quanti - e sono tanti - hanno sigillato con il sangue la fede in Cristo». Di qui il «grazie» per «tutti i semi di amore e di speranza sparsi, in nome del Crocifisso Risorto, in varie regioni ancora segnate, purtroppo, dalla violenza e da conflitti troppo spesso dimenticati».
Fine quarantena, green pass e colori: il piano del governo per alleggerire le regole anti Covid
Draghi convoca la cabina di regia a Palazzo Chigi per giovedì 23 dicembretrading a breve termine
Prima eroi poi untori: non facciamo fare agli insegnanti la stessa fine dei medici