Pisa, la giunta di Michele Conti apre un nuovo "caso Lodi"L'iniziativa di Domani,trading a breve termine Libération, Tagesspiegel, El Confidencial, Hvg, Gazeta Wyborcza, Delfi, Balkan Insight e n-ost vuole vitalizzare il dibattito pubblico e la democrazia europea. Al problema della corruzione in Europa è dedicata la diciottesima edizione della nostra newsletter paneuropea, che esce ogni mercoledì ed è gratuita. Iscriviti qui Eccoci di nuovo insieme, Europa! Siamo alla diciottesima edizione dello European Focus! Sono Viktória Serdült, la caporedattrice di questa settimana, e scrivo da Budapest. “La corruzione è quello che vi state perdendo”. Se chiedeste a un ungherese come definirebbe la corruzione, nella conversazione probabilmente spunterebbe questa frase di Géza Hofi, il comico più famoso del paese. Nei vent’anni trascorsi dalla morte di Hofi, la definizione della corruzione non è cambiata, ma la sua percezione sì. Spesso, essa è vista come qualcosa che avviene solo negli uffici dei politici o degli uomini d’affari e talvolta persino nel Parlamento europeo. Ma è poi così distante dalle nostre vite quotidiane? La settimana scorsa, in campagna, un mio collega è salito su un autobus ed è rimasto sbalordito quando il conducente gli ha offerto un passaggio per 200 fiorini ungheresi sull’unghia, qualora avesse scelto di non acquistare il biglietto “ufficiale” da 400 fiorini. Il mio collega ha rifiutato, ma altri passeggeri potrebbero non averlo fatto. La verità è che diverse forme di corruzione sono diventate così radicate nelle nostre società che non ci accorgiamo nemmeno quando hanno luogo proprio davanti ai nostri occhi. La newsletter di questa settimana cerca di esplorare il modo in cui diversi paesi europei combattano per cambiare questa percezione. Viktória Serdült, caporedattrice di questa settimana EuropaNove media creano un appuntamento settimanale per il dibattito europeoFrancesca De Benedetti Gli effetti europei della corruzione tedesca Foto: Gergely Túry BERLINO – L‘estate scorsa ho avuto una discussione con dei giornalisti ucraini. Ci trovavamo sulla costa tedesca del mar Baltico, la stessa dove il gasdotto Nord Stream 2 raggiunge la terraferma presso il villaggio di Lubmin. Molti di loro avevano rischiato le proprie vite durante il Maidan otto anni prima, nella rivoluzione contro il corrotto regime fantoccio di Mosca; abbiamo iniziato a discutere e così dopo non molto mi hanno domandato: «C’è così tanta corruzione in Germania. Perché il pubblico la tollera?» La Germania un paese corrotto? Questa accusa probabilmente sconvolgerebbe molti tedeschi. Ma una percezione di quel tipo non è affatto inusuale. Non ricordo quante volte mi sono scontrato con tali critiche conversando con altri giornalisti d’inchiesta in Ungheria, che è il mio paese d’origine. Il discutibile coinvolgimento dell’industria automobilistica tedesca nell’economia corrotta ungherese, o la percezione che alcuni editori tedeschi non si siano ricoperti di gloria proteggendo le proprie ex-risorse mediatiche dall’acquisizione da parte della combriccola di Viktor Orbán, sono tutti esempi di questa atmosfera. Come lo è l’idea che Angela Merkel abbia trascurato la democrazia ungherese in favore degli interessi economici tedeschi. Certo, in Germania non c’è bisogno di corrompere il medico per ottenere una visita. Tuttavia, mentre i tedeschi guardano con occhio critico la corruzione in altri paesi, essi raramente rivolgono il proprio sguardo verso sé stessi con altrettanto zelo. Come si potrebbe spiegare altrimenti il fatto che sia tuttora in carica Manuela Schwesig, il ministro presidente del Meclemburgo-Pomerania Occidentale che ha costituito una fondazione di copertura per realizzare il Nord Stream 2 in tandem con Gazprom? O che l’amico e lobbista di Putin, l’ex cancelliere Gerhard Schröder, non sia stato espulso dalla SPD? Si spera che ci renderemo presto conto del fatto che la corruzione strategica “Made in Germany” può causare molti più danni della corruzione quotidiana del “selvaggio Oriente” o del “pigro Meridione”. Forse allora potrei parlare ai colleghi ucraini delle grandi proteste contro la corruzione in Germania, invece delle manifestazioni a Lubmin per fermare le sanzioni contro la Russia. Christian-Szolt Varga è un giornalista freelance ungarotedesco e scrive da Kiev Il numero della settimana: 9 su 25 TALLINN – Classificata al quattordicesimo posto da Transparency International in termini di livello percepito di corruzione nel settore pubblico, l’Estonia è meno inaffidabile del Regno Unito, della Francia o del Giappone. Questo potrebbe sembrare stupefacente per gli estoni stessi. Prendete Kohtla-Järve, la quinta città estone per dimensione. Alla fine dell’anno scorso, nove dei venticinque membri del consiglio comunale e della coalizione di governo sono stati dichiarati sospetti in un caso di tangenti e traffico di influenze illecite. In seguito, il consiglio ha tentato di mettere insieme una “coalizione arcobaleno di incorrotti”. Mesi di negoziazioni non hanno portato ad alcun risultato e il consiglio potrebbe essere sciolto entro la fine di febbraio. Come percepiscono la corruzione i cittadini di Kohtla-Järve? Probabilmente come qualcosa che si trova proprio davanti ai loro occhi. Herman Kelomees è cronista politico per Delfi Perché l’Ue non ci tutela? «Abbasso la classe politica!» – Le proteste del #corruptionkills del 4 novembre, Bucarest. Foto: J. Stimp / Wikimedia. BUCAREST - "La corruzione uccide": in centinaia di migliaia sono scesi in piazza in Romania per diverse settimane durante il freddo inverno tra il 2015 e il 2016, ripetendo quello slogan. La #colectivrevolution era scoppiata in seguito alla tragedia avvenuta nel nightclub Colectiv, dove sessantaquattro persone sono morte in un incendio nel novembre del 2015. Quando i manifestanti hanno capito che il disastro era stato causato da irregolarità trascurate dalle autorità, si sono rivoltati con rabbia contro la corruzione. Dal momento che i risultati sperati di anni di cosiddetta guerra alla corruzione non parevano proprio concretizzarsi, il governo di Victor Ponta all’epoca si è dimesso. Da allora, spesso la Romania viene citata come un esempio positivo di misure riuscite contro la corruzione, il che è in parte vero e in parte falso. È vero che la riforma giudiziaria ha trasformato la Romania passo dopo passo. Sono state instaurate diverse istituzioni anticorruzione. Nell’ultimo decennio la percezione della corruzione nel paese ha visto una tendenza al rialzo. In seguito alle proteste, l’indice di corruzione della Romania è chiaramente migliorato. Sfortunatamente, però, tutto ciò non è necessariamente dovuto a risultati straordinari ottenuti dal paese, ma piuttosto a un aumento del livello di corruzione nei paesi vicini, che fa apparire più positiva la condizione della Romania. È degno di nota il fatto che, alla fine del 2022, l’Austria abbia posto il veto all’accesso della Romania a Schengen in nome del suo livello di corruzione. Gran parte dei casi di corruzione riguardano tuttora le procedure di appalto pubblico in Romania, ed esistono ancora seri problemi con i controlli di frontiera. Ma va detto che porre il veto al suo accesso a Schengen è controproducente. La corruzione non conosce confini. È un nostro problema europeo comune. Che ci piaccia o no, siamo uniti da uno stesso destino. La società romena ha intrapreso un impegno senza precedenti per una politica libera dalla corruzione, e tutto questo necessita del supporto europeo. Il veto, d’altro canto, danneggia il popolo, non i criminali. Mentre diversi paesi europei mostrano una crescente indifferenza verso la corruzione, sarebbe sbagliato punire una società che non la pensa in quel modo e continua a resistere. Boróka Parászka è una giornalista d’inchiesta e caposervizio di HVG Un malcostume di portata regale MADRID – «Immaginate di cancellare la vostra residenza fiscale dal paese dove le monete hanno stampata la vostra faccia», dice il tweet. In Spagna la corruzione ha raggiunto il vertice: la monarchia. Dopo aver tenuto per decenni gli occhi chiusi sui loschi affari in piena vista di Juan Carlos I (il nostro primo re dopo la dittatura di Franco), lo scandalo è diventato talmente grande da costringerlo ad abdicare per salvare l’istituzione della monarchia. E ora, dunque, come “re emerito” Juan Carlos vive “in esilio” negli Emirati Arabi Uniti, dove in precedenza aveva sfruttato la propria posizione di monarca spagnolo per fare affari. Juan Carlos ha addirittura trasferito la propria residenza fiscale negli Emirati per non rispondere alle accuse del Tesoro spagnolo di evasione fiscale per quanto riguarda i succulenti “regali” ricevuti dai suoi amici arabi. Surreale, non è vero? Lo è così tanto che agli spagnoli resta da fare una sola cosa: riderci su. Alicia Alamillos scrive di politica internazionale per El Confidencial La guerra (alla corruzione) in Ucraina Redditi illeciti confiscati da un alto funzionario doganale ucraino. Foto: dbr.gov.ua KIEV – Dieci anni fa sembrava non esserci alcuna speranza. La corruzione in Ucraina era così onnipresente e pervasiva, che risultava difficile indicare un solo settore che non fosse già compromesso dalle tangenti e dal malcostume. L’istruzione, le autorità doganali, la sanità, ad ogni livello della società c’era un metodo corrotto per ottenere le cose e che costituiva la strada più facile per molti cittadini. Il presidente di allora, Viktor Janukovyč, era il capofila di questa tendenza, visto che aveva accumulato un bel tesoro proprio grazie alle tangenti. Gli scontri tra il 2013 e il 2014 hanno avuto inizio in parte perché la gente ne aveva abbastanza della corruzione. Il nuovo presidente, Petro Porošenko, ha vinto con lo slogan: «Vivere in modo nuovo». All’inizio tutto è andato secondo i piani. Abbiamo visto i funzionari corrotti della polizia stradale, comicamente goffi e panciuti, venir licenziati e rimpiazzati da nuovo personale. Dopo l’addestramento, gli agenti hanno preso a lavorare secondo gli standard occidentali. Persino manager ben pagati e avvocati sono entrati nella polizia stradale. E il caso di questo corpo di polizia continua ad essere un successo, in effetti. Ma la corruzione nelle alte sfere è rimasta: persone come l’oligarca Dmytro Firtaš, pur costrette ad abbandonare il paese, non hanno perso le proprie ricchezze. Se penso a cinque anni fa, ricordo bene il senso di delusione che trasudava nella società ucraina. Per cui si è aggiudicato una vittoria schiacciante, l’attuale presidente Volodymyr Zelensky, quando si è candidato con questa promessa: «Come arriva la primavera, vedrete che inizieremo a sbattere le persone corrotte in galera». Ma, di nuovo, nulla di tutto questo è accaduto. Prima è stata la pandemia a stravolgere i piani, poi la Russia, che ha invaso il paese. L’Ucraina aveva di fronte sfide ancora maggiori prima che la guerra causasse la più grande svolta contro la corruzione mai avvenuta. Senza l’aiuto economico dell’Occidente, l’Ucraina non può far quadrare i conti, e i nostri alleati hanno stabilito le regole per l’accesso al denaro. Una di queste regole è l’affidabilità. Ecco il motivo per cui i nostri organi anticorruzione stanno finalmente lavorando a pieno regime. La scorsa settimana, con un vero e proprio giro di vite contro i funzionari ucraini corrotti, gli inquirenti hanno ordinato centinaia di perquisizioni, e gli indiziati sono stati trattenuti. Diversi governatori regionali, funzionari doganali e agenti del fisco hanno perso le proprie posizioni. In una strana situazione in cui la guerra e le difficoltà spingono l’Ucraina verso lo stato di diritto, la nostra unica speranza sta nel fatto che gli effetti siano duraturi. Anton Semyzhenko è caporedattore della sezione in lingua inglese di Babel.ua Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva [email protected] se vuoi mandarcela in inglese, oppure a [email protected] Al prossimo mercoledì! Francesca De Benedetti (Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti) EuropaNine European Media Outlets Launch Unique ‘European Focus’ CollaborationFrancesca De Benedetti© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedia cura di Francesca De Benedetti Europea per vocazione. Ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto (The Independent, MicroMega), ha fatto reportage (Brexit). Ora pensa al Domani.Short bio Twitter account
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