Così simili, così distanti. Gli scudetti diversi di Inter e NapoliL'iniziativa di Domani,Campanella Libération, Tagesspiegel, El Confidencial, Hvg, Gazeta Wyborcza, Delfi, Balkan Insight e n-ost vuole vitalizzare il dibattito pubblico e la democrazia europea. La ventinovesima puntata è dedicata alla guerra sulla memoria, dal 9 maggio con la guerra in Ucraina al 25 aprile con Meloni. La newsletter paneuropea esce ogni mercoledì ed è gratuita. Iscriviti qui Eccoci di nuovo insieme, Europa! Siamo alla ventinovesima edizione dello European Focus! Sono Anton Semyzhenko, il caporedattore di questa settimana, e scrivo da Kiev. Né io, né i miei genitori o i miei nonni abbiamo vissuto la seconda guerra mondiale. Eppure, tra tutti i conflitti dei tempi passati che il mio paese ha attraversato, è quello che ha influenzato maggiormente le nostre vite. Quello che scegliamo di mettere in evidenza della seconda guerra mondiale mostra la nostra visione della storia, nonché i nostri valori politici e umani. Come dovremmo chiamare quel periodo? Seconda guerra mondiale o grande guerra patriottica? Il regime sovietico è stato un liberatore, o è stato malefico quanto lo stato nazista? Commemoriamo la fine della guerra come una vittoria, o come un giorno di lutto per tutto il dolore che ha causato? In Ucraina queste domande hanno animato dibattiti per molti anni. E l'Ucraina, il mio paese, in questo non è un caso isolato. In Estonia il tema della seconda guerra mondiale ha innescato la protesta di massa più grande della storia recente. In Ungheria fornisce il pretesto per erigere monumenti controversi, in Germania è il motivo per cui vengono preservati monumenti commemorativi sovietici. In Italia, simpatizzare per la componente fascista di quel conflitto è qualcosa che è arrivato a penetrare i più alti ranghi della leadership del paese. A quasi ottant’anni dalla fine, quella guerra sta ancora sfidando in qualche forma le nostre società. E con un'altra guerra, in tal caso attuale, che impazza, il dibattito si è ancor più intensificato. Il 9 maggio è un giorno dai molti volti e dai tanti significati per la gente, e qui di seguito ne portiamo alla luce alcuni. Anton Semyzhenko, caporedattore della settimana EuropaNove media creano un appuntamento settimanale per il dibattito europeoFrancesca De Benedetti Così ho vissuto la notte di bronzo Un'auto rovesciata a 100 metri dalla mia scuola era qualcosa che non pensavo fosse possibile, fino a quando non ho assistito agli eventi dell’aprile 2007 a Tallinn. Foto: Delphi Meedia TALLINN - Vetrine rotte, negozi saccheggiati, strade devastate e una nazione sotto shock. Ecco quello che ho visto il 27 aprile 2007 mentre andavo a scuola per l’esame di educazione civica. Già la sera prima mi era risultato difficile ripassare per l’esame: guardando in tv le immagini dell’ormai famigerata notte di bronzo (Pronksiöö), mi stavo ritrovando ad affrontare ben altro test di educazione civica… I fatti si erano dipanati dopo che il governo aveva annunciato lo spostamento di un monumento dedicato a un soldato sovietico della cosiddetta “Grande guerra patriottica”. La differenza tra questo concetto e la seconda guerra mondiale? Quest’ultima è cominciata nel settembre del 1939, quando sia i nazisti che l’Armata rossa hanno invaso la Polonia, occupando ciascuno metà del paese. La guerra patriottica, invece, è iniziata solamente nel 1941, quando i nazisti si sono rivoltati contro i loro alleati sovietici. Il Soldato di bronzo era diventato un decisivo punto di conflitto tra due concetti di storia. Dopo un’altra serie di provocazioni, nel centro di Tallinn sono scoppiate le rivolte. Un tipo di disordini che risultava sconosciuto in un paese pacifico come il nostro, che aveva appena aderito all’Ue e alla Nato. Essendo io nato nel 1988, mi ero sentito come se mi fossi ritrovato a vivere alla fine della Storia. A seguito delle proteste composte principalmente da russofoni, e con un altro anniversario della “Grande guerra patriottica” alle porte il 9 maggio, giorno della vittoria dell’Unione sovietica sui nazisti, proprio quella notte il governo estone ha trasferito il monumento. Sedici anni dopo, i funzionari statali stanno ancora cercando di distogliere l’attenzione da quegli eventi concentrandosi sulla giornata dell’Europa, la celebrazione della comunità europea che cade lo stesso giorno. Quest’anno in piazza della Libertà si è tenuto un concerto gratuito a cui ha partecipato la Kalush Orchestra, il gruppo ucraino che ha vinto l’Eurovision dell’anno scorso. La gente si è radunata al concerto per sostenere l’Ucraina e un’Europa più libera. Ma non posso dire che le ferite nel tessuto sociale dell’Estonia siano guarite completamente. Molti hanno ignorato il concerto e hanno preferito depositare fuori ai piedi del Soldato di bronzo. La lotta tra Storie continua. Herman Kelomees è cronista politico di Delfi Il numero della settimana: 4 BERLINO - A Berlino abbiamo quattro monumenti ai caduti sovietici. Nel più grande c’è la statua di un soldato e diverse bare di pietra incise con citazioni dorate di Stalin. In base al patto di unificazione tedesco degli anni Novanta, lo stato tedesco deve preservare questi monumenti ai caduti. All’inizio degli anni Duemila le citazioni le citazioni di Stalin sono state addirittura indorate di nuovo. Ogni anno la gente vi si reca per commemorare la sconfitta del nazismo, compresi i simpatizzanti di sinistra e molti visitatori muniti di iconografia nazionalista russa. Per via della guerra della Russia contro l’Ucraina, la polizia ha tentato di impedire che le bandiere sovietiche venissero issate su questi monumenti sovietici l’8 e il 9 maggio. Ad ogni modo una sentenza di tribunale ha esentato le bandiere ucraine da questo divieto. Teresa Roelcke è reporter del Tagesspiegel Tutta un’altra festa Il papavero rosso è diventato il simbolo dell'8 maggio a Kiev ed è simbolo della Resistenza in Italia. Foto Unsplash KIEV - I piccoli allievi ucraini degli anni Duemila erano abituati, per il 9 maggio, a partecipare alla parata locale e a consegnare fiori ai veterani di guerra i quali marciavano lungo la strada principale. I bambini sfoggiavano un nastrino di San Giorgio a strisce nere e arancioni, simbolo della “vittoria sul nazismo”. L’anno scorso, quando i russi hanno occupato una parte della regione di Kharkiv, uno degli abitanti di un villaggio si è offerto volontario per lavorare con gli occupanti indossando il nastro di San Giorgio. Quando le forze ucraine hanno liberato il villaggio, i residenti si sono rivoltati contro di lui e quel simbolo, un tempo considerato importante. L’uomo è poi stato arrestato dalla polizia. Come si è arrivati a un simile cambiamento? Il 9 maggio 2010 la Russia ha rinnovato il contratto di locazione della propria base navale nella regione ucraina della Crimea, mentre a Kiev ha avuto luogo una parata militare su larga scala con l’utilizzo di simboli sovietici. Nel 2014 è iniziata la guerra russo-ucraina. I simpatizzanti per la Russia hanno iniziato a indossare il nastro di San Giorgio. Un anno dopo, l’Ucraina ha adottato delle leggi di decomunizzazione che vietavano l’uso di simboli sovietici, oltre a quelli nazisti. La ricorrenza principale è diventata quella dell’8 maggio, giorno di ricordo e riconciliazione, e un papavero rosso ne è divenuto il simbolo. L’Ucraina ha smesso di tenere parate militari a maggio, mentre la Russia ha iniziato a organizzarle nei territori occupati. Vladimir Putin ha persino preso parte a una di queste parate a Sebastopoli, in Crimea, nel 2014. Nonostante questa politica di stato, l’80 per cento degli ucraini considerava ancora il 9 maggio un giorno importante. Ma ciò avveniva prima che la Russia rilanciasse con un’ invasione su larga scala: ha cambiato l’atteggiamento degli ucraini; ora solo il 15 per cento di loro la pensa come prima. Un anno fa, gli ucraini lasciavano le grandi città, preoccupati che la Russia potesse usare armi nucleari durante la sua giornata della Vittoria del 9 maggio. Ora ci si chiede se si riuscirà a dormire, dal momento che gli attacchi russi sono particolarmente intensi. In passato, le uniche esplosioni che sentivamo in questi giorni erano quelle dei fuochi d’artificio. Oggi sono quelle dei missili. Non c’è atmosfera di festa, solo senso di pericolo e bisogno di verità. Oksana Rasulova scrive di temi sociali per Babel.ua Cimeli fascisti nell’èra Meloni Un giovane Ignazio La Russa commemora Benito Mussolini. Foto IPA/Fotogramma ROMA - «L’attacco di via Rasella – ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa – è stata una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi pensionati e non nazisti delle SS». Prima di essere promosso alla seconda più alta carica dello stato, La Russa era noto per le sue radici fasciste. Non solo ha collezionato cimeli di Benito Mussolini in casa propria, ma la sua stessa carriera politica è iniziata da leader del neofascista Fronte della Gioventù. La Russa ha cofondato Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni. Non appena la coalizione di estrema destra ha avuto una maggioranza, Meloni lo ha promosso. Il risultato è un presidente del Senato che rivede la Storia; e che il 25 aprile, giorno della Liberazione, ha preferito un volo per Praga piuttosto che unirsi a Sergio Mattarella nella visita al memoriale antifascista in Piemonte. Francesca De Benedetti scrive di Europa ed Esteri a Domani Un memoriale vivente Membri del movimento Living Memorial davanti al monumento alle vittime dell’occupazione tedesca, Budapest. Foto: Béla Molnár B. BUDAPEST - Lo stato e la società ungherese stanno eludendo la propria responsabilità per l’Olocausto: questa è una delle critiche più frequenti riguardo al monumento alle vittime dell’occupazione tedesca, eretto a Budapest nel 2014. Questa disapprovazione per un monumento che non fa menzione del ruolo dell’Ungheria in uno dei capitoli più bui del ventesimo secolo si è persino trasformata in una protesta popolare. Per quasi dieci anni, i cittadini membri del movimento Living Memorial si sono riuniti regolarmente sotto al monumento per parlare dei propri ricordi, tra cui quelli relativi al ruolo delle autorità ungheresi nell’Olocausto, alle deportazioni di intere famiglie e alle esecuzioni di massa. Lo storico dell'arte András Rényi parla di questa iniziativa. In che modo questo dibattito influenza la memoria della seconda guerra mondiale? La politica simbolica è uno dei campi di gioco più importanti del regime ungherese di oggi. In base all’attuale costituzione, l’Ungheria non è stata un paese sovrano per 46 anni per via delle occupazioni tedesca e sovietica, e la responsabilità di tutto quello che è accaduto in quel periodo ricade sui collaborazionisti. Nella controversa statua, un’aquila tedesca piomba sull’arcangelo Gabriele, che lascia cadere dalla mano il globo crucigero (parte dei gioielli della corona ungherese). Sul monumento in piazza degli Eroi, lo stesso arcangelo conduce i conquistatori ungheresi verso il bacino dei Carpazi. Queste due opere d’arte di Budapest segnano l’inizio e la fine dei mille anni di storia dell’Ungheria, nonché l’inizio della nuova era di Viktor Orbán, che non si assume alcuna responsabilità per i peccati del passato. Si è riusciti in qualche modo a controbilanciare questo messaggio? Il movimento Living Memorial è una delle poche iniziative che hanno costretto il governo Orbán a subire una sconfitta simbolica. Il monumento alle vittime dell’occupazione, che ha attirato tante critiche, non è mai stato ufficialmente inaugurato. In che stato è oggi la memoria della seconda guerra mondiale? La conoscenza e l’esperienza accumulate durante la seconda guerra mondiale diventano sempre più distanti e impersonali. Ora vengono riattivate a causa della guerra della Russia contro l’Ucraina. Le immagini del massacro di Bucha, per esempio, hanno scioccato l’intero pubblico europeo. L’aggressione di Putin ha rafforzato il senso di pericolo nel mondo liberale. Boróka Parászka è una giornalista di HVG Qual è la tua impressione su questo tema? Ci piacerebbe riceverla, alla mail collettiva [email protected] se vuoi mandarcela in inglese, oppure a [email protected] Alla prossima edizione! Francesca De Benedetti (Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Marco Valenti) EuropaNine European Media Outlets Launch Unique ‘European Focus’ CollaborationFrancesca De Benedetti© Riproduzione riservataPer continuare a leggere questo articoloAbbonatiSei già abbonato?Accedia cura di Francesca De Benedetti Europea per vocazione. Ha lavorato a Repubblica e a La7, ha scritto (The Independent, MicroMega), ha fatto reportage (Brexit). Ora pensa al Domani.Short bio Twitter account
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