Notizie di Cronaca in tempo reale - Pag. 282Il primo tiro a cinque cerchi,ETF i sentimenti per Parigi e l’emozione per i sessanta colpi che lo aspettano Daniela Cursi Masella 28 luglio - 11:47 - MILANO “Meglio fatto che perfetto”. È quello che Edoardo Bonazzi si è ripetuto al poligono di Rio de Janeiro, prima di agguantare il passe-partout a cinque cerchi. E sarà il dialogo interno della sua prima pedana olimpica. L’atleta piemontese, classe 2002, ci spiega il suo mantra: “Mi dico che è meglio fare, piuttosto che pensare eccessivamente alla perfezione. L’ansia da prestazione è dietro l’angolo, specialmente nei 50 metri dove il clima, il vento e i cambi luce giocano il ruolo di variabili determinanti. Se si cede alla tentazione di un ipercontrollo eccessivo, si rischia di perdere gli elementi basilari dell’azione di tiro. E viene meno l’istinto”. Edoardo Bonazzi e il tiro a cinque cerchi— Sport riconosciuto come olimpico sin dalla prima edizione dei Giochi moderni (Atene 1896), il tiro a segno affonda le radici della prima gara nel lontano 1427, quando la competizione era denominata “Gioco dell’archibugio”. L’atleta delle Fiamme Gialle descrive questa sfida come “un lasso di tempo in cui è determinante il fattore di concentrazione”. Sessanta sono i colpi da sparare. A disposizione, un’ora e mezza nella carabina 3 posizioni a 50 m e un’ora e un quarto nella disciplina 10 m. Edoardo Bonazzi affronterà entrambe le pedane. “Ringrazio tutto lo staff della nazionale, il Gruppo Sportivo delle Fiamme Gialle e la mia allenatrice Petra Zublasing”, sottolinea l’atleta piemontese. ph. Marco Massetti 60 colpi— Sessanta colpi per arrivare al podio. Per percepire il proprio corpo e leggere l’ambiente esterno. Sessanta colpi per sentire il vento e correggere l’azione. Che cosa accade nel singolo tiro? “Imbraccio la carabina, respiro a pieni polmoni, carico il colpo, guardo il bersaglio fuori dal mirino, sistemo la posizione, controllo l’equilibrio del mio corpo, abbasso la testa di qualche millimetro, miro, espiro con il diaframma, resto in apnea, tiro e simulo un secondo colpo come se dovesse partire subito dopo, per evitare di sbracciare prematuramente - conclude l’atleta - mantenendo così la traiettoria intrapresa”. E così via, per 60 volte. Dietro a quei colpi c’è un mondo di preparazione atletica. “Abbiamo lavorato sui riflessi, e sulla coordinazione mano-occhio - testimonia Bonazzi - per potenziare la capacità di scattare il colpo al momento giusto. L’esito della gara è una questione di frazioni di secondo”. ph. Marco Massetti l'amore per lo sport— Delle discipline praticate in età giovanile a livello amatoriale, Edoardo Bonazzi si porta un bagaglio utile per il tiro a segno: “Il senso di squadra che mi ha trasmesso il basket e la capacità di corsa, fondamentale per la preparazione fisica, che ho acquisito con l’atletica”. L’azzurro, grazie allo sport, è riuscito ad andare oltre la sua tendenziale timidezza e ad aprirsi spontaneamente alle relazioni sociali. Del tiro a segno racconta la magia “dell’essere una squadra a prescindere dall’individualità della disciplina. Condividiamo vittorie e sconfitte. Nessuno di noi - dichiara - si è mai perso la finale di qualcun altro, allenamento permettendo”. Parti con un gruppo di sportivi come te, scopri i viaggi di Gazzetta Adventure e Tribala all'insegna dello sport e del divertimento nel mondo sentimenti per parigi— Il Road to Paris è stato dominato da sentimenti contrastanti: “Da una parte ogni singolo giorno mi sembrava troppo corto per riuscire a perfezionarmi. Dall’altra - ammette il debuttante olimpico - dopo il torneo finale di qualificazione, avevo la sensazione che Parigi non arrivasse mai. Come un miraggio. Mi è tornata spesso in mente la qualifica di Rio de Janeiro. Solo allora realizzavo 'è successo davvero, non me lo sono sognato!'”. Di quei giorni brasiliani Bonazzi ha ricordi di disorientamento: “Mi sono guardato intorno e mi sono chiesto 'che cosa ci fai qui, con soli due anni di esperienza nella categoria senior, in mezzo ad avversari con molte Olimpiadi alle spalle?'. Poi mi sono detto 'sei già salito su un podio del circuito di Coppa del Mondo, quindi per te guadagnare il pass olimpico è fattibile. Adesso non molli la linea di tiro finché non senti lo speaker nominare il tuo nome'. Ho cercato di mantenere il contatto con la realtà, senza farmi prendere dal panico. Colpo dopo colpo, nome dopo nome, mi sono trovato al 4° posto provvisorio e con la tortura di dovermi allontanare dalla voglia di alimentare le mie aspettative. Poi, d’un tratto, l’urlo del mio team dalle tribune, l’emozione incontrollabile della finale e la consapevolezza di aver conquistato il pass per Parigi 2024, senza più riuscire a tenere la carabina in mano”. Fitness: tutte le notizie Active: tutte le notizie © RIPRODUZIONE RISERVATA
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